FA quello che ami, ama quello che fai?


 

AmoLavoro

 

Steve Jobs, geniale padre della Apple, nel suo splendido discorso all’università di Stanford del 2005, spronò tutti a ricercare sempre, senza mai stancarsi, quello che veramente amiamo nella vita affettiva e lavorativa. ” Fai quello che ami . Ami quello che fai . ” è poi diventato un vero e proprio mantra dentro e fuori Silicon Valley, un meme postato e ripostato in tutti i social network da pinners e likers sognanti.

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Ma siamo sicuri che questo motto valga proprio per tutti? Di base suona come un consiglio costruttivo che dovrebbe spingerci a riflettere su ciò che facciamo, su ciò che ci gratifica e possibilmente far corrispondere le due cose. Ma come la mettiamo con la sempre crescente spersonalizzazione del lavoro dei tempi moderni e la fisiologica disumanizzazione della stragrande maggioranza dei lavoratori?

Fai quello che ami . Ami quello che fai   è una strizzatina d’occhi a quella parte del mondo che, sotto l’elsa della crescita personale e dell’automiglioramento, si finge una non-èlite. Un modo di concepire il lavoro come atto d’amore e non come risarcimento del tempo impiegato a svolgere una data attività, un canale preferenziale di auto-promozione , qualcosa che serve al sé e non al mercato.

Di solito è possibile rintracciare l’origine di motti e aforismi, ma Fai quello che ami . Ami quello che fai “ è di incerta attribuzione. In lizza Confucio e Rabelais ma anche venditori ambulanti di positività mediatica come Oprah Winfrey e tanti altri che hanno cavalcato l’onda per anni.

Di sicuro l’evangelista più convinto resta sempre Steve Jobs :

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Sono convinto che l’unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il/la vostro/a fidanzato/a che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate.

Jobs incarnava una specifica immagine di lavoratore: quello ispirato, casual, appassionato e autonomo. Un’immagine che ha voluto trasferire anche alla Apple e ai lavoratori dell’azienda. La sua creatura: creatura esclusiva del suo amore e della sua dedizione. Lontane, lontanissime le innumerevoli migliaia di lavoratori stipati nelle fabbriche di Apple, invisibili a tutto il pianeta, ma il cui lavoro è il pilastro del suo “sogno”.

Ancora convinti che Fai quello che ami . Ami quello che fai sia un concetto così innocuo? Non sarà che crea una divisione netta tra i lavoratori ? Da una parte coloro che svolgono un lavoro che amano (creativo , intellettuale , socialmente prestigioso ) e dall’altra chi svolge attività lavorative non di concetto, ripetitive ,mediocri .

Ignorando bellamente la maggior parte dei lavoratori e riclassificando il tutto sotto la motivazione personale e l’amore per ciò che si fa si ottiene forse la più gigantesca ideologia anti-operaia di tutti i tempi.

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” Fai quello che ami . Ami quello che fai “ : banditi alla coscienza tutti gli altri motivi che rendono il lavoro socialmente ed economicamente indispensabile . Perché i lavoratori dovrebbero lavorare e far valere i loro diritti se non esiste il concetto di lavoro?

” Fai quello che ami . Ami quello che fai “ nasconde la verità fondamentale che potersi occupare delle proprie passioni è un privilegio e resterà sempre un consiglio crudele se dispensato da chi ha potuto, di quei privilegi, avvantaggiarsi nel trovare la strada per il proprio successo personale.

Se essere come un Ceo della Silicon Valley viene accettato come viatico per la fedeltà verso se stessi e il proprio talento, quali misere speranze e prospettive rimangono per tutti gli altri?

Sono poche le professioni che coinvolgono così intimamente il lavoratore da fargli amare ciò che fa e di fatto permettergli di non iniziare né smettere mai di “ lavorare”. ” Fai quello che ami . Ami quello che fai “ nel quotidiano turbillon del mercato del lavoro si traduce in lavoro ad alta intensità scarsamente retribuito.

Come indurre i lavoratori ad alti livelli di intensità lavorativa? Come presentare loro maggiori carichi di lavoro e stipendi sempre più esigui? C’è un modo per far svenire i propri dipendenti sulla scrivania mentre mormorano “ Amo quello che faccio”? Il lavoro emotivamente soddisfacente non apre le porte allo sfruttamento? Non danneggia forse, in ultima analisi, tutti i lavoratori?

Ci sono invece professioni che di questo mantra ne hanno fatto un impero ( e anche abbondante merchandising) : nella Moda, nei media , nell’editoria e nei lavori creativi la carta della valuta sociale si gioca tutt’ora: tutto in nome dell’amore.

” Fai quello che ami . Ami quello che fai “ non ha prodotto quell’agognata nazione di persone felici e soddisfatte ma un esercito di stagisti non retribuiti. I passionali decisi a immolarsi sull’altare del lavoro come via per il successo.

Insomma, la retribuzione non dovrebbe essere la motivazione principale per lavorare. E parlare di denaro è sempre poco chic.

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Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno nella tua vita ! Prima di soccombere alla calda promessa di queste parole e trasformarci in peripatetici alla ricerca di “ ciò che amiamo” , teniamo a mente sempre che il lavoro, se riconosciuto come tale, va regolamentato, stabilendone limiti ed equa retribuzione così che il lavoratore abbia il tempo di fare e godere di ciò che più ama.

Liberamente adattato da ” In The name of love”  Jacobin magazin 

 

 

 

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