Il senso del Tutto ha la forma del Cerchio


Universo: dal latino universusunus versus – ciò che converge in uno.

E’ un moto a luogo verso il centro la definizione di uno dei misteri più fondi del nostro sapere. Infinito, in accelerazione espansa, composto per il 96% di materia ed energia oscura invisibile ai nostri telescopi. Al fisico quantistico David Böhm e al neurofisiologo del cervello Karl Pribram il compito di aprire una vertigine alla nostra logica, concependo l’universo come ologramma frattale in cui ogni parte contiene il tutto, infinitamente e secondo leggi matematiche che corrispondono alle più antiche formule del sapere umano: la sezione aurea, il pi greco, la sequenza di Fibonacci…

Se dovessimo dare una forma al tutto, quale sarebbe?

Sarebbe il cerchio – il maṇḍala – termine polisemico che deriva dal sanscrito come immagine universale del cosmo. Lo stesso simbolo del Tao, del màndara giapponese, del cerchio dei sogni dei nativi americani così come dei guaritori celtici. Bucato al centro perché da lì ogni cosa ha principio e fine. Archetipo di tutte le millenarie saggezze antiche, ugualmente alle estreme latitudini orientali e occidentali di questo pianeta.

Un simbolo di unione, guarigione, integrazione di opposti complementari. Una rappresentazione della corrispondenza speculare fra micro e macro cosmo.

Sempre uno e sempre lo stesso, come dentro così fuori, come in alto così in basso. Ci sorprendiamo con le immagini che l’astrofisico italiano Franco Vazza e il neurochirurgo Alberto Faletti condividono fra loro dai rispettivi osservatori riconoscendosi a vicenda nelle impressionanti corrispondenze fra la rete neuronale del nostro cervello e la rete di galassie in cui fluttuiamo senza nemmeno rendercene conto.

E consideriamo semplice “arte grafica” da colorare per allentare lo stress, i cerchi sacri che da millenni rappresentano la nostra origine. Prima ancora che Carl Jung teorizzasse l’importanza terapeutica del simbolo del cerchio geometrico concentrico, la nostra coscienza collettiva riconosce nel labirinto mistico la possibilità concreta di integrare l’infinito nella materia riportando sulla terra pezzi interi di stelle. Un “passatempo” filosofico, astrofisico, neuroscientifico, quantico. Quindi un tessitore del tempo che, sempre non a caso, la fisica dei quanti ci descrive come il cerchio arrotolato su se stesso e non come la illusoria linea retta divisa fra passato presente e futuro. Di nuovo, convergenze e anticipazioni nella simbologia del cerchio infinito dove ogni ciclo si compie tornando a se stesso ed evolvendo con un moto ascendente a spirale.

L’uomo saggio guarda nello spazio 
e non considera ciò che e’ esiguo come troppo piccolo,
ne’ ciò che e’ grande come troppo grande; 
perché egli sa che non c’è limite alcuno alle dimensioni.

Lao Tze

Ogni cosa che fa il potere del mondo e’ fatta in cerchio. La volta del cielo e’ rotonda e ho sentito che la terra e’ rotonda come una palla e così sono tutte le stelle. Il vento, al massimo del suo potere, gira vorticosamente. Gli uccelli fanno il nido in forma circolare perché la loro e’ la nostra stessa legge. Il sole sale e scende lungo il cerchio. La luna fa lo stesso ed entrambi sono rotondi. Anche le stagioni formano un grande cerchio nel loro trasmutare e sempre ritornano laddove furono. La vita di ogni uomo e’ un cerchio dalla fanciullezza alla nuova fanciullezza e così è ogni cosa ove si muove il potere.  I nostri tepee
sono rotondi come i nidi degli uccelli e codesti furono sempre disposti in cerchio, il cerchio della nazione, un nido di molti nidi dove il Grande Spirito  significò per noi covare i nostri bambini

Alce Nero

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